Dentro morbide, di grande scioglievolezza; fuori più robuste e croccanti. Sono le olive farcite e fritte all’ascolana, inequivocabilmente uno dei piatti più appetitosi e rappresentativi della gastronomia picena. Ma sono anche il classico esempio del successo di un piatto regionale – le cui origini affondano indietro nei secoli – che ha diffuso la fama della sua bontà oltre i confini del suo luogo di origine, le Marche, per affermarsi con proposte anche alternative nelle tavole di tutti gli italiani.
Ricetta doc
Le olive all’ascolana, nella loro ricetta classica, sono prima snocciolate e poi farcite. Le olive ascolane fritte sono realizzate con ingredienti genuini come le grosse e tenere olive verdi, che racchiudono un ricco ripieno a base di carni magre miste, avvolte da una croccante pastella dorata. Sono ottime da servire come aperitivo, come antipasto e come contorno per la carne alla brace, abbinate ad un vino rosso corposo o ad un bianco come il “Passerina” vino Igt delle Marche autoctono del Piceno.
Una storia di qualità
L’oliva tenera ascolana è la regina tra le olive verdi da mensa e costituisce la base della cosidetta “oliva farcita o all’ascolana “. La storia di questa prelibatezza gastronomica è lunga. Le olive ascolane, che hanno la peculiare caratteristica di essere grandi e carnose, erano già conosciute nell’antichità e da Ascoli (capitale del Piceno) arrivavano sulla mensa dei patrizi romani. Il piatto invece, di grande ricchezza e raffinatezza, secondo la tradizione dovrebbe risalire all’incirca alla fine dell’Ottocento grazie all’inventiva di un cuoco al servizio della nobiltà ascolana, di cui però non si conosce il nome. Questa ricetta, almeno fino alla metà del 900, veniva preparata in occasione di particolari ricorrenze familiari e per ospiti illustri, poiché erano un piatto costoso che richiedeva una lunga preparazione. Giacomo Puccini ne era molto ghiotto, e anche Gioachino Rossini ne era molto goloso, tanto che si faceva spedire le olive in salamoia direttamente a Parigi dove viveva.