Ci sono un palermitano, un romano e un veneziano. Si avvicina l’ora di pranzo e il tempo a loro disposizione è poco. Troppo poco. Che cosa mangeranno i nostri eroi? No, non è l’incipit di una sagace barzelletta, ma quello che succede sempre più spesso agli abitanti del Belpaese: ritmi frenetici, brevi pause e tanta fame. Ma anche tanta voglia di qualità, di ingredienti di livello e, perché no, di riscoprire prodotti unici della tradizione. Ecco perché il cibo di strada post stadio, come panini con la salamella, frittelle o trancio di pizza non basta più: spazio (nello stomaco) a panu ca meusa, cartocci di baccalà fritto, cichetti, supplì e gofri. Dal nord al sud, ecco una gustosa carrellata del cibo di strada più amato dagli italiani.
I gofri: specialità dal Piemonte
Partiamo dal nord ovest. A fine ‘800, durante i gelidi inverni alpini, nelle case della Val di Susa e della Val Chisone si diffonde un nuovo sostituto del pane: è un impasto preparato con acqua, farina, sale e lievito e cotto tra due piastre di ghisa unte con un po’ di lardo sulla stufa a gas o a legna. Non sempre infatti gli abitanti delle comunità potevano scendere a valle per comprare del pane e allora importarono dalla vicina Francia l’arte dei gaufres, denominati dai piemontesi “gofri” da preparare con facilità in casa. Oggi quest’impasto dalla caratteristica forma a nido d’ape è ancora una delle specialità più amate dai piemontesi, da gustare dolce o salato; farcito con salame, pancetta, prosciutto o formaggio oppure ricoperto di miele, marmellata o crema di cioccolato.
Se siete degli amanti di wafer, pancakes e crepes salate, mettete in pratica le vostre doti culinarie con questa gustosa ricetta con il pollo.
Mondeghili sotto la Madonnina
Ci sono polpette e polpette. Ecco, i mondeghili non fanno parte di questa categoria, anche se prima vista sembrerebbe di sì. Guai però a dirlo a un milanese: sono uno dei piatti tipici della tradizione popolare meneghina e sono eredità della dominazione spagnola. A differenza delle comuni polpette sono preparati con carne cotta, come gli avanzi del bollito misto mescolati a mortadella o salame (possibilmente di fegato) e cotti nel burro. Una vera prelibatezza, da gustare sia in inverno sia in estate.
Focaccia di Recco: l’unica, l’inimitabile
Primo avvertimento: diffidate di chi dice sia preparata con il lievito. La ricetta tradizionale (quella vera!) non lo prevede: è un prodotto da forno ottenuto dalla lavorazione di un impasto a base di farina di grano tenero, olio extra vergine di oliva italiano, acqua, sale, farcito con formaggio fresco prodotto da latte ligure tracciato. Il segreto? Una sfoglia sottile che la rende ancora di più un prodotto tipico unico, dal sapore inconfondibile. E nel 2012 ha ricevuto anche il riconoscimento di prodotto IGP (indicazione geografica protetta).
Cichetti: le tapas della laguna
Se una sera d’inverno un gourmand (non un viaggiatore) si ritrovasse a Venezia, che cosa mangerebbe? Cichetti, ovviamente! Sono molto simili alle tapas e si possono gustare nei bacari (le osterie veneziane) con una vasta scelta di sapori: trionfi di baccalà, sarde, polpettine, seppioline, calamari e qualsiasi cosa stuzzichi l’appetito dei commensali. Chiedete agli inglesi, che di cichetti sono pazzi! Volete prepararle in casa? Ecco la ricetta semplice e veloce di alcune tapas rivisitate da noi.
Lampredotto: nel cuore (e nello stomaco) della Toscana
Palati raffinati, fatevi avanti. Sua maestà il lampredotto è pronto a deliziarvi: preparato con uno dei quattro stomaci dei bovini, viene cotto a lungo in acqua con pomodoro, cipolla, prezzemolo e sedano. Anche questo è un piatto della cucina povera e i toscani amano mangiarlo con la salsa verde, preparata con prezzemolo, aglio, uovo sodo, capperi e pane; oppure tagliato a pezzetti come ripieno di un panino. A voi la scelta.
Da Roma il gran Supplì
Sorpresa! Supplì infatti è l’italianizzazione del termine francese “surprise”: ma soprattutto nel Lazio e nella capitale mangiarli è tutt’altro che un evento inaspettato. Sono preparati con riso cotto in un sugo di carne: con il riso poi si formano delle polpette dalla forma allungata con al centro un dadino di mozzarella, rigorosamente fritte in olio bollente a 180°. E no, non dite che sono come gli arancini siciliani.
Il Panu ca meusa
Il classico per eccellenza della tradizione palermitana. È un panino preparato con le interiora del vitello: milza e polmone accompagnati dalle cartilagini ricavate dalla gola del vitello. Soffriggete il tutto nello strutto di maiale e servite schettu, con solo una spruzzata di limone, o maritatu con caciocavallo o ricotta. Se volete conoscere la vera anima di Palermo, mangiando un panu ca meusa potete andarci (molto) vicino.
Premiata tripperia napoletana
Only the brave, direbbe qualcuno. La trippa è un piatto comune a molte aree d’Italia, ma la tradizione culinaria napoletana ha nobilitato e sublimato questo piatto che nel passato veniva mangiato solo dai più poveri. Erano infatti gli scarti dei nobili, cioè la trippa e le frattaglie di bue che venivano concessi come avanzi alla servitù. La creatività popolare ha fatto il resto e oggi è possibile mangiare trippa passeggiando in riva al mare a Mergellina: lasciatevi sedurre dai richiami dei carnacuttari, i venditori di carni cotte e provate il cuppetiello, un cono di carta con trippa, sale e limone da mangiare rigorosamente take-away.
Se vi piacciono gli avanzi, di pollo e non di bue, invece, qui potete trovare alcune ricette gustose. Per non sprecare mai nulla!